Finalmente balilla moschettiere

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AVUS
view post Posted on 26/4/2005, 18:40     +1   -1




Finalmente Moschettiere!

E’ l’anno scolastico 1938-1939, sono in primo commerciale alla scuola Carlo Moneta in via Tuscolana e, fra le cose che devo affrontare, libri di testo, scuola lontana, professori, amici, c’è anche il passaggio nei balilla moschettieri della cinquantaquattresima legione. Io e tutti attendiamo l’evento con trepidazione. In classe si presenta colui che sarà il nostro istruttore, è un avanguardista di fresca nomina, Raffaele Galluzzo (ne ho parlato), che nel 1945 finirà male coi partigiani a Torino. Questo “superiore”, alla fin fine un ragazzo anche lui, viene interpellato immediatamente come “comandante Galluzzo”, termine generico che dice tutto e niente. Mi preparo la divisa per l’evento. Cerco di recuperare qualcosa della precedente, sono cresciuto e i capi non mi stanno più bene. Le uniche cose che riutilizzerò saranno il fazzoletto azzurro e il medaglione dei “piccoli” (dovrò sostituirlo). Quanto alle scarpe era ora di finirla con quelle basse, mio padre mi comprerà un paio di scarponi. Per gli altri pezzi c’è mio fratello che ha finito gli studi e si sta’ dando da fare per cercare un lavoro, così recupero i suoi calzoni grigioverdi, la camicia nera e il Fez, il quale calza meglio del mio, divenuto misero di dimensioni. Riutilizzo anche la fascia per la vita e i doppi calzettoni. Per il cinturone con giberne io insisto affinché mio padre me ne comperi uno nuovo. Così mi arriva un cinturone in finta pelle, simile alla vera. Per le cordelle, guanti, mantella, ci vorrà tempo, anzi quest’ultima andrà fuori moda e non l’avrò proprio. Non dico le prove che faccio di fronte lo specchio, in camera dei genitori. Indosso la divisa, il cinturone, le giberne, e poi di fronte, di profilo destro, sinistro, tentativo vedermi di retro, faccia dura come s’addice a un moschettiere. Un amico più grande mi regala il medaglione in argentone, che servirà come ferma-fazzoletto. Sul cappello di mio fratello elimino l’insegna ONB in latta dorata e la sostituisco col nuovo fregio GIL in alluminio opaco. Insomma sono pronto all’evento che a quanto dicono sarà impegnativo, roba da grandi. Mi regaleranno anche un consunto paio di guanti da sfilata, coi polsi aperti alla D’Artagnan, i quali potrò indossarli in occasioni particolari. Mi sento importante e guardo con commiserazione quelli che sono ancora balilla semplici. Arriva così uno dei primi sabati di ottobre e ci sarà la cerimonia. Verrà il comandante, il Capitano Volpi, i cui balilla cantavano:

…“se non ci conoscete
guardate i nostri volti
noi siamo i balilla
del capitano Volpi” …


mentre gli antagonisti della ventiseiesima:

…“se non ci conoscete
guardateci che balle,
noi siamo i balilla
del tenente Valle “…

a entrambi seguiva il ritornello "bombacè, aritirete Cecco Pè" derivato di guerra 18. Lo sappiamo che il Duce è il Duce, ma al Tuscolano-Quadraro il Capitano Volpi, i tenenti Corvisieri e Bellini, non erano molto meno. La cerimonia, se svolta in altre Sedi, corrisponderà a quella definita “leva fascista”, da noi no’, non ci sono figli della Lupa, balilla semplici, avanguardisti, giovani fascisti, eccetera, dato il tipo di scuola c’è solo il riconoscimento a moschettieri, quindi sarà stata una “leva” minore. Nel cortile è montato il palco ove il Capitano Volpi sale, noi siamo di sotto. Breve discorso per dirci che oggi è un gran giorno, siamo diventati figli del Duce, della Patria, che lui ci chiederà molto e il molto sarà ancora poco, che non gli piacciono gli smidollati, perciò si eviti di andare a piagnucolare dalle madri, come fanno i gelsomini dell’Augusto, e che lui è sempre con noi. Poi squilli di attenti, Fischia il Sasso, Giovinezza, saluti, presentazioni di forza, e giuramento al Duce gridato:

“nel nome di Dio e dell’Italia giuro di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze, e se necessario col mio sangue, la causa della rivoluzione fascista”

“lo giurate voi?” e il nostro possente “SI” che penso si sia sentito in tutta la scuola e sulla via Tuscolana. Il nostro capo, il tenente Bellini, si porta sotto il palco, saluta, si gira, urla: “Centurie pronte! Avanti per uno!” E noi, già provato tutto, avanziamo, salutiamo e ritiriamo il moschetto che il “comandante” Gallluzzo ci porge con ufficialità. Quanto ci sentiamo importanti! non credevo pesasse tanto! Torniamo nei ranghi. Saluto al Duce, Eia Eia Alalà, presentat-arm al comandante e moschetti in alto. Poi tutti attorno lui ed allo staff a far festa cameratesca e mostrarci l’un l’altro i propri fuciletti (piccoli ma veri). Malgrado le proibizioni ognuno fa’ un segno segreto sul calcio dell’arma onde evitare sia scambiata. Poi le depositiamo nelle rastrelliere e a casa. Se ne parlerà Sabato prossimo. Conversazione con mio padre sul fucile 91, sul moschetto 91 della milizia, e sul nostro 91 ridotto-ridotto, ma quanto vero, consistente, pesante (1,8 kg).
Ora non sono più un ragazzino. Ho passato quell’iniziazione che dicono svolgersi anche fra i giovani etiopi nell’Impero i quali, alla nostra età, sono portati via qualche giorno e quando tornano non sono più quelli di prima (che gli faranno? boh!). Da oggi le ragazzine mi guarderanno con interesse, mio padre mi considererà di più, mia madre mi porterà meno in chiesa (questo mai), e mio fratello ridurrà la sua saccenza verso di me. Ho potuto costatare nel tempo quanto i discorsi su questi avvenimenti siano personali, soggettivi.
Riparlandone con qualcuno di allora mi sono sentito dire: “si! quell’adunata che non finiva mai! un po’ mi ricordo, ma che palle! sempre in piedi e tutte quelle parole, che sarà stato mai?” Ah! Duce, cerca di compatire chi parlava così.

Ecco due strofe dell’inno dei Moschettieri: “Duce a Noi” (Pettinato Zangarini)

Nell'Italia dei fascisti
anche i bimbi son guerrieri,
siam balilla e moschettieri
del regime il baldo fior.

con il Duce qui sul petto,
fa da scudo al nostro affetto
e l'orgoglio accende in cuor ......

C’è da dire che l’inno ufficiale dei moschettieri non lo usavamo, pur essendo a conoscenza della sua esistenza. Quelli che cantavamo erano gli altri che andavano per la maggiore, cioè il “Fischia il Sasso” e il “Giovinezza” di tutti, per quest’ultimo però non il melenso “Salve o popolo d’eroi” bensì la versione ripresa dagli arditi del Piave “Allorché dalla trincea”. Entrambi gli inni avevano la stessa base musicale, pur se quello degli arditi era più scattante del primo, il quale aveva l’impostazione più di canto corale e nazionale, non di impeto e entusiasmo.

Il Balilla Moschettiere della foto sottostante non sono io, come mi è stato chiesto, ma potevo ben esserlo. L'immagine si riferisce al passaggio di livello svolto nel Foro Mussolini, ove più volte mi ci trovai presente, forse anche questa volta.


Edited by AVUS - 19/4/2016, 23:30

Attached Image: PassaggioMoschettiere.JPG

PassaggioMoschettiere.JPG

 
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AVUS
view post Posted on 19/4/2016, 22:35     +1   -1




Un altro ricordo della militanza nella Gioventù del Littorio, quando da balilla semplici passammo moschettieri. Si fa presto a dire "basta! ci siamo rotti le scatole!", sarà pur vero, ma come si fanno a dimenticare eventi che hanno marcato una vita, siano pure di settantacinque anni or sono?
 
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1 replies since 26/4/2005, 18:40   887 views
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